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"I grani, un anno dopo il loro raccolto, si sa che sono sani perché il tempo li rende migliori per l’alimentazione”


Si dice che l’antico testo sanscrito -Charaka Samhita Sutra Sthana- sia uno dei primi a descrivere le proprietà dell’invecchiamento del riso. In realtà già nella lontana Cina, l’imperatore faceva conservare tre anni di raccolto nei propri granai per far fronte alla siccità. Questa pratica fece scoprire che il riso invecchiato presentava migliori caratteristiche organolettiche, tanto che ancora oggi, il riso invecchiato tre anni è conosciuto come “il riso dell’imperatore”. Nell’Asia del sud, regalare un sacchetto di riso invecchiato continua a essere considerato un regalo di pregio.



Semina del riso a Kiang-su - Cina


Anche nelle zone tipiche di produzione di riso italiano circolava il detto “riso vecchio lavorato fresco”: gli agricoltori sapevano infatti che il miglior riso era quello raccolto l’anno precedente, invecchiato e consumato subito dopo la lavorazione. 

L’invecchiamento del risone rimane quindi uno dei passaggi chiave per un riso di qualità. Al momento del raccolto infatti, la pianta ha terminato il suo ciclo vegetativo ma non ha ancora perfezionato tutte le qualità del chicco. L’invecchiamento del riso conferisce al chicco una maggiore tenuta in cottura, rende l’amido e le proteine meno solubili, e aumenta la capacità di assorbimento dei condimenti. Per questo motivo, un buon invecchiamento prevede di conservare il risone al fresco per diversi mesi, fino ai sette anni del nostro Acquerello.



Silos d'invecchiamento a temperatura controllata della Tenuta Colombara


Alla Tenuta Colombara il riso viene fatto riposare in silos a temperatura controllata inferiore ai 15° dove, attraverso una lentissima respirazione, raggiunge la perfezione qualitativa e organolettica. Ma l’invecchiamento è solo uno dei procedimenti che trasforma il nostro riso in Acquerello...